L’acufene è un suono fastidioso che si può percepire localizzato in uno o in entrambi gli orecchi, oppure all’interno della testa. L’acufene comunemente è avvertito come fischio “sottile”, altre volte come ronzio, in altre occasioni ha un suono variabile e diffuso su tutte le frequenze dell’udibile (es. cinguettio, cicale, grilli, cigolio, friggitrice), oppure è di tipo pulsante come il cuore o intermittente come uno scatto meccanico.
Per quanto riguarda l’intensità, cioè la forza dell’acufene, pur essendo un parametro misurabile con prove audiometriche di acufenometria, è di primaria importanza il suo effetto soggettivo, cioè il disturbo arrecato alla persona. Un acufene, definito dalle prove audiometriche di lieve intensità, può essere percepito dal soggetto come intollerabile e portare alla totale incapacità di svolgere le normali azioni della vita quotidiana.
L’acufene non è definibile come una specifica malattia, ma può costituire un sintomo di malattie, non necessariamente a carico dell’orecchio o delle vie acustiche, anche se è stato dimostrato che, praticamente sempre, dietro all’acufene c’è un danno all’orecchio interno, pur modestissimo. L’acufene è di tipo soggettivo cioè può essere percepito solo dal soggetto che ne soffre. Solo in rarissimi casi è di tipo oggettivo, vale a dire che è ascoltabile anche da un esaminatore esterno.
L’acufene oggettivo è generato da un movimento meccanico all’interno del cranio o nel distretto cervico facciale. Alcuni esempi sono costituiti da piccole contrazioni cloniche di alcuni muscoli o dalla rumorosità del flusso sanguigno nelle arterie. Gli acufeni soggettivi nascono all’interno delle vie uditive o del cervello e sono invece un suono “fantasma”, udibile unicamente dalla persona che ne soffre.
La percezione cosciente del suono prende origine nella corteccia cerebrale, vale a dire che noi sentiamo con il cervello. Alla corteccia cerebrale giungono i suoni (sotto forma di impulsi nervosi) che provengono dall’orecchio attraverso le vie acustiche che sono costituite dal nervo acustico e dai suoi “centri di elaborazione” (nuclei sottocorticali).
Nell’orecchio è la coclea, o chiocciola, che trasforma l’impulso sonoro proveniente dal timpano in un impulso nervoso che poi viaggerà attraverso il nervo acustico sino al cervello. La coclea è costituita da migliaia di cellule nervose (cellule ciliate) che sono caratterizzate dall’avere, sulla sommità, minuscole cilia sensibili alle vibrazioni sonore. Le cellule ciliate sono direttamente collegate al nervo acustico. Il nervo acustico, all’uscita dalla coclea, è costituito da circa 30.000 fibre. Il nervo acustico, in effetti non si limita a trasportare i suoni al cervello ma, grazie ai nuclei nervosi sottocorticali, elabora i suoni stessi.
Il nervo acustico funziona a doppio senso: sia trasportando i suoni dalla periferia (orecchio) al centro (aree uditive del cervello) che inviando segnali di controllo e regolazione dal centro (cervello e nuclei nervosi) alla periferia. Ciò ha l’importante scopo di migliorare le prestazioni di ascolto di voci e suoni.
Per rendere ancora più sofisticato il processo di elaborazione dei suoni, l’organo dell’udito lavora in modalità “crossmodale” cioè con scambio interattivo di informazioni con gli altri sensi e con i centri motori.
Anche una piccola variazione di funzionalità di un centro nervoso può avere conseguenze, almeno temporanee, sull’intera catena delle vie uditive.
Anche un malfunzionamento di una ristretta zona di cellule ciliate dell’orecchio può generare uno scompenso che si trasforma in acufene. Il sito che “dà il via” agli acufeni è la coclea, nella quale una sofferenza anche lieve e transitoria può dar luogo a una piccola lesione che, anche se spesso non ha nessuna conseguenza sulla sensibilità uditiva e può venire evidenziata solo con tecniche audiometriche avanzate, può indurre uno sbilanciamento dei nuclei nervosi e quindi può causare l’insorgere dell’acufene.
L’acufene può essere causato dalle malattie più comuni dell’orecchio come infezioni virali o batteriche, otite, otosclerosi, timpanosclerosi, sordità genetiche, ecc. Altri piccoli malfunzionamenti come problemi di articolazione cervicale o temporomandibolare o di postura, problemi all’orecchio medio, problemi odontoiatrici si possono riflettere sul sistema uditivo crendo scompensi e quindi inducendo acufene.
Alcuni farmaci, definiti “ototossici”, possono effetti collaterali sull’orecchio. Anche il nostro organismo produce sostanze che diventano lesive per l’orecchio stesso in condizione di stress acustico o di più generale stress psicofisico. In questo caso si parla di “eccito-tossicità”. Dall’esperienza clinica è possibile notare l’elevata frequenza con cui i pazienti riferiscono l’insorgere di acufene in concomitanza o a seguito di un periodo di ansia, di stress o di forti emozioni. Inoltre, l’orecchio può essere bersaglio di patologie “autoimmuni” che a volte si manifestano anche con acufene.
L’intero organismo svolge un ruolo di primaria importanza nell’insorgenza dell’acufene. Le cause possono essere molteplici: per questo si parla di acufene come disturbo multifattoriale. Inoltre differiscono da paziente a paziente. È questo il motivo per cui è impossibile una cura universale, valida per tutti i pazienti. Problemi di articolazione cervicale o temporomandibolare o di postura, problemi odontoiatrici, squilibri ormonali, disfunzioni organiche anche a livello iniziale (ad es. problemi circolatori, diabete, ecc.), aumento di ansia, ritmi di vita scorretti, alimentazione poco attenta, possono creare scompensi sull’organismo favorendo l’insorgenza dell’acufene.
Ma se il suono dell’acufene è generato da uno sbilanciamento delle vie uditive con la collaborazione delle disfunzioni che abbiamo prima esaminato, il suo mantenimento è “sponsorizzato” dal cervello. I centri nervosi superiori sviluppano un’attenzione selettiva a questo suono e sono anche in grado di autogenerarlo facendolo “udire” anche se la causa di partenza è stata rimossa. Per fortuna, il sistema uditivo e il cervello, come tutto il nostro organismo, hanno ottime capacità di riequilibrare gli scompensi, sfruttando la plasticità cerebrale.
Un esempio banale: come mai “sentiamo” al polso un nuovo orologio solo nei primi giorni o ore in cui lo indossiamo? Semplicemente perché il cervello si abitua a considerare la sensazione tattile dell’orologio come normale e la “dimentica”. In modo analogo è possibile “riprogrammare” le vie uditive sia ad abituarsi all’acufene fino a dimenticarsene che, grazie a stimolazione esterna, a reagire “rigenerandosi”, sfruttando la plasticità cerebrale che è attiva a qualsiasi età.
Quando un suono ha un significato speciale, come la sirena di un’ambulanza o quando chiamano il nostro nome, rispondiamo a questi stimoli sonori in modo automatico. Questo si verifica dopo un breve periodo di apprendimento, ma questi automatismi rimangono attivi durante tutto il corso della vita. Suoni anche deboli, ma importanti per chi li ascolta, sono rilevati dai centri nervosi tra orecchio e corteccia uditiva e inviati al cervello come sensazione di pericolo.
Queste risposte condizionate sono filtrate dal sistema limbico, una parte molto importante del cervello che correla le sensazioni dei sensi alle emozioni. A sua volta il sistema limbico controlla il sistema nervoso autonomo che presiede, in modo autonomo e quindi inconscio, al funzionamento del nostro corpo.
Quello che succede, anche in casi di lieve acufene persistente, è l’attivazione di una risposta condizionata da questo suono. Dato che questa risposta condizionata si attua in una parte del cervello inconscia, ciò che il paziente pensa dell’acufene è irrilevante sulla reazione che esso produce.
La reazione organica che l’acufene produce tramite il sistema limbico e il sistema nervoso autonomo è fondamentale nel creare uno stato di agitazione e disagio continuo nel paziente. Lo stress è quindi determinato dal grado in cui le sensazioni spiacevoli legate all’acufene (che derivano dall’attività del sistema limbico) e la tensione (che deriva dall’attività del sistema nervoso autonomo che prepara il corpo alla reazione) sono accusate dal soggetto. Inoltre, lo stress esterno, prodotto da stanchezza, lavoro o altri disturbi fisici, o la predisposizione all’ansia amplificano la sensazione di disagio e fastidio dell’acufene.
Quando l’acufene è percepito per la prima volta, è un nuovo segnale, non ci sono modelli di esso nella memoria uditiva e nessun modo per catalogarli. Qualunque nuova esperienza uditiva tende a produrre una sensazione sgradevole per via della perdita dello stato di benessere e del cambiamento delle usuali condizioni uditive. Fino a quando non sarà fatta un’appropriata valutazione di ciò che significa acufene, questo sintomo sarà guardato con sospetto e paura. Molte persone con acufeni non lo riferiscono come un grave disturbo ma a causa dell’associazione acufene=minaccia, vivono in una condizione di grave disagio.
Molti pazienti affetti da acufene lo considerano un sintomo grave; infatti pensano che un acufene sia il campanello di allarme di una grave patologia nascosta o che significhi un danno permanente all’orecchio. Si teme spesso che l’acufene continui per sempre a disturbare la pace e la quiete e a impedire la concentrazione sul lavoro, l’attività ricreativa e il sonno la notte.
In alcuni pazienti l’estrema paura dell’acufene determina uno sviluppo di uno stato fobico molto simile al terrore per i ragni, i serpenti, gli spazi angusti, ecc.
Le paure legate all’acufene possono essere amplificate da esperienze negative raccontate da conoscenti o da consigli sbagliati ricevuti da professionisti non qualificati. Tuttavia, è importante sapere che oggi esistono approcci terapeutici validi e supportati dalla ricerca per gestire l’acufene e migliorare significativamente la qualità della vita. Un messaggio positivo e incoraggiante da parte dei professionisti, insieme a un piano di trattamento personalizzato, può fare una grande differenza. Anche chi ha provato trattamenti inefficaci in passato può trovare sollievo affidandosi a percorsi terapeutici appropriati e specialisti qualificati.
La perdita dell’udito può aumentare la percezione dell’acufene. La perdita può essere lieve o localizzata unicamente sulle alte frequenze. Qualsiasi cosa tenda a stressare il meccanismo uditivo (una banale otite o una sordità transitoria dovuta a un forte raffreddore) può aumentare lo scompenso delle vie nervose alla base della generazione dell’acufene e aumentarne, come conseguenza, la percezione. Per tale motivo è importante correggere le perdite uditive con appropriati ausili, come parte della terapia dell’acufene.
È quindi molto importante conoscere il ruolo svolto dall’orecchio interno come causa “scatenante” dell’acufene, l’importanza di fattori come ansia, problemi scheletrici e muscolari, disfunzioni anche apparentemente molto lontani dall’orecchio come “acceleratori” del disturbo e il ruolo del cervello, responsabile, invece, del mantenimento dell’acufene, delle nostre risposte emozionali ad esso legate e quindi del disagio provocato dall’acufene.
Una visita specialistica qualificata è il primo passo fondamentale per affrontare l’acufene. Durante questa valutazione, un esperto può identificare le possibili cause del disturbo, valutare la sua gravità e individuare eventuali fattori associati, come problemi muscolo-scheletrici, organici o neurologici.
Questo processo permette di sviluppare un piano terapeutico personalizzato, aumentando significativamente le possibilità di alleviare i sintomi e migliorare la qualità della vita. Rivolgersi a professionisti esperti garantisce un approccio multidisciplinare e aggiornato, essenziale per gestire un problema complesso come l’acufene.
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